“Il peggiore di sempre”: un ex numero 1 al mondo parla di Jannik Sinner

Jannik Sinner riceve una definizione destinata a far discutere da parte di un ex numero 1 mondiale di tennis. Leggete un po’!

“Il miglior tennista sulla terra e il peggior dopato di sempre” Un’affermazione che non passa inosservata, specie se arriva da una voce autorevole del mondo del tennis.

Jannik Sinner
Sinner difeso a spada tratta da un ex numero 1 al mondo (AnsaFoto) – radiocentro95.it

Pensereste a un attacco diretto a Jannik Sinner, e invece queste parole non sono una critica bensì una difesa arguta e ironica, pronunciata dall’ex numero uno al mondo, uno dei tanti a schierarsi apertamente a favore di Jannik Sinner. Ma cosa c’è dietro questa frase apparentemente provocatoria?

Il caso Clostebol ha sollevato una polvere mediatica non indifferente attorno a Sinner, rivelando non solo il lato più crudo delle regole sportive, ma anche quello umano dei rapporti nel circuito. Da una parte, ci sono colleghi come Nick Kyrgios e Grigor Dimitrov che non hanno esitato a lanciare frecciate al veleno. Dall’altra, ci sono figure che hanno preferito analizzare la situazione con equilibrio, offrendo un punto di vista diverso e forse più lucido.

Nel suo podcast, “Served with Andy Roddick”, l’ex campione americano ha voluto sottolineare quanto sia paradossale la vicenda: un tennista viene accusato di doping per una sostanza che, come confermato dagli esperti e dal tribunale indipendente dell’ITIA, non migliora le prestazioni. Roddick ha commentato:

“Non penso che rischierebbe l’intera carriera per qualcosa che non ha migliorato le prestazioni. Se lo avesse fatto consapevolmente, allora sì, accetterei una sospensione più lunga ma solo per stupidità”

Una battuta tagliente, quella sul “peggior dopato di sempre”, ma che punta a evidenziare l’assurdità del contesto. La sostanza in questione, il Clostebol, è finita accidentalmente nel sistema di Sinner. Il tribunale ha riconosciuto la non intenzionalità dell’uso e ha ridotto la pena, ma la WADA ha deciso di fare ricorso. Questo non ha impedito a molti di affrettarsi a puntare il dito contro il giovane italiano.

Tra i più critici ci sono stati colleghi come Nick Kyrgios, noto per le sue opinioni spesso sopra le righe, e Grigor Dimitrov, che hanno commentato con sarcasmo la vicenda, insinuando che una squalifica più lunga sarebbe stata necessaria. Parole che sembrano dimenticare quanto fragile possa essere la reputazione di un atleta in situazioni simili.

Andy Roddick difende Sinner e attacca la WADA

Per Roddick, il caso di Jannik Sinner è una chiara dimostrazione di come il sistema antidoping possa essere tanto rigido quanto inefficace nel distinguere tra chi cerca di barare e chi viene coinvolto in situazioni involontarie. Nel suo podcast ha lanciato una critica alle istituzioni:

“Continuiamo a concentrarci su un miliardesimo di grammo di qualcosa che non ha avuto alcun effetto sulle prestazioni. Qual è l’obiettivo dell’ITIA e della WADA? Risolvere il problema del doping o complicare inutilmente la vita degli atleti?”

Andy Roddick Andre Agassi
Andy Roddick con Andre Agassi, due grandi numeri 1 del passato (AnsaFoto) – radiocentro95.it

Il caso di Sinner non è isolato: anche Iga Swiatek è stata sospesa per un mese dopo essere risultata positiva a una sostanza simile, la Trimetazidina. Anche in quel caso, i test successivi hanno confermato l’assenza di benefici sulle prestazioni. Eppure, i procedimenti sono stati lunghi e controversi.

L’ironia di Roddick non è fine a sé stessa. La sua battuta “il miglior giocatore sulla terra e il peggior dopato di sempre” solleva una questione fondamentale: a chi giovano queste accuse? Perché un sistema tanto punitivo non riesce a distinguere con chiarezza tra dolo e caso fortuito?

Il supporto di Roddick va oltre la vicenda specifica di Sinner. È un invito a riflettere sull’equilibrio tra il garantire l’integrità dello sport e il rischio di rovinare la carriera di atleti per errori marginali o accidentali. In un momento così delicato, Jannik Sinner può almeno contare su una certezza: non tutti nel circuito sono pronti a voltargli le spalle. Forse, queste difficoltà aiuteranno il giovane italiano a capire chi, davvero, merita di essere considerato un alleato.

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